AI e PMI: tra hype, dati e realtà - Podcast Nerd @ Work Lab
Le PMI italiane vogliono 'fare AI', ma cosa significa davvero? Nel podcast Nerd @ Work Lab parliamo di hype, fallimenti evitabili, dati disordinati e come iniziare con progetti che funzionano.
Le PMI italiane vogliono "fare AI": cosa significa davvero?
C'è una frase che ritorna in quasi tutte le riunioni con gli imprenditori: "Vogliamo fare qualcosa con l'AI."
È esattamente da qui che parte la puntata del podcast Nerd @ Work Lab – S1E5 "AI e PMI: tra hype, dati e realtà", dove Enrico Murru dialoga con Gaetano Castaldo, consulente strategico e tecnologico, ex collega e oggi voce molto ascoltata sul tema dell'adozione dell'intelligenza artificiale nelle imprese.
Dietro a quel "fare AI" c'è di tutto: curiosità genuina, paura di restare indietro, pressione competitiva, FOMO da convegno. Ma cosa serve davvero perché l'intelligenza artificiale trasformi un'azienda, invece di diventare l'ennesimo progettino morto dopo qualche mese?
🎧 Ascolta il podcast su Spotify
Questo articolo prende spunto dai temi discussi nel podcast e li organizza in una guida ragionata per chi, in azienda, deve prendere decisioni concrete.
1. L'effetto moda: quando "AI" è solo una parola in più nelle slide
Uno dei punti centrali della chiacchierata è l'effetto moda: aziende che vogliono l'AI senza sapere bene perché.
Succede spesso così:
- il management vede una demo spettacolare a un evento,
- legge un paio di articoli su "come l'AI rivoluzionerà il settore X",
- e decide che "serve un progetto AI entro l'anno".
Il problema? Si parte dalla tecnologia invece che dal problema.
Invece di chiedersi:
"Qual è il collo di bottiglia del nostro processo commerciale, produttivo o di assistenza clienti?"
ci si chiede:
"Dove mettiamo un chatbot?"
È l'equivalente digitale di comprare un macchinario costosissimo e poi girare per l'azienda chiedendo: "A qualcuno serve questa cosa?".
2. Perché così tanti progetti AI falliscono nelle PMI
Nel podcast si parla chiaramente di fallimenti evitabili e di progetti che non decollano mai davvero. Di solito i motivi sono sempre gli stessi:
Non c'è un owner di business
- È l'IT, o il fornitore esterno, a portare l'AI "chiavi in mano".
- Il reparto che dovrebbe usarla non è stato coinvolto in modo serio.
- Risultato: soluzione poco aderente alla realtà, adozione bassissima.
Non esiste un obiettivo misurabile
- "Migliorare il servizio clienti" non è un obiettivo.
- "Ridurre del 20% i tempi di risposta entro 6 mesi", sì.
- Senza numeri, è impossibile parlare di ROI e il progetto diventa la prima cosa a essere tagliata al budget successivo.
La complessità è stata sottovalutata
- L'AI viene raccontata come magia: "gli dai i dati e capisce tutto".
- In realtà, integrare un modello nei processi, nei sistemi esistenti e nelle abitudini delle persone è la parte davvero difficile.
Mancano processi stabili
- Se il processo oggi è confuso, non documentato, pieno di eccezioni, l'AI lo amplifica: rende più veloce il caos.
Una frase chiave emersa nel podcast è proprio questa: L'AI amplifica i processi, non li aggiusta.
3. I dati: tanti, disordinati e spesso inutilizzabili
Nel titolo dell'episodio compaiono due parole fondamentali: hype e dati. Non a caso.
Tutte le soluzioni AI serie – dai modelli predittivi al copilota per i dipendenti – hanno bisogno di una base dati pulita, accessibile e con un minimo di governance. Nel mondo reale delle PMI italiane, succede invece questo:
- CRM usato a metà, con campi compilati a caso.
- Fogli Excel paralleli, uno per ogni reparto.
- Documenti importanti in allegati mail introvabili.
- Sistemi che non si parlano o si parlano male.
Quando ci si siede al tavolo e si dice "facciamo un modello per stimare il churn", la domanda vera è: "Abbiamo dati storici affidabili su clienti, rinnovi, supporto, ticket, fatturazione?"
Spesso la risposta è no. E il progetto AI diventa, in pratica, un costoso esercizio di pulizia dati mascherato.
Paradossalmente, uno degli esiti più sani di un progetto AI può essere proprio questo: Scoprire che prima di fare modelli serve mettere ordine nei dati.
4. Il mito del chatbot (che nessuno userà)
Nella descrizione ufficiale del podcast si parla esplicitamente di "chatbot che nessuno userà".
È uno dei fenomeni più diffusi:
- Si lancia il chatbot sul sito,
- Si fa un post LinkedIn in grande stile,
- Si aspetta una rivoluzione nell'assistenza clienti.
Dopo qualche mese:
- Pochissimi utenti lo usano davvero,
- Tanti tornano subito ai canali tradizionali (telefono/mail),
- Il customer care interno lo percepisce come un "nemico" invece che un alleato.
Quasi sempre questo accade perché:
- Il chatbot non è integrato seriamente con sistemi interni (CRM, ticketing, ordini).
- Risponde in modo troppo generico, stile FAQ glorificate.
- Non c'è una regia chiara su quando deve intervenire e per cosa.
Un chatbot efficace non è un giocattolo di marketing: è una interfaccia verso processi e dati aziendali. Se dietro non c'è sostanza, il castello crolla.
5. Competenze mancanti e ruolo dei "junior"
Nel podcast si accenna anche a un tema delicato: l'impatto dell'AI sui ruoli più junior.
Qui entra in gioco un cortocircuito interessante:
- L'AI rende alcune attività ripetitive molto più veloci;
- Allo stesso tempo, le aziende faticano a trovare persone con competenze intermedie, capaci di capire processi, dati e impatto di business.
In mezzo sta una nuova figura ibrida:
- Non solo developer,
- Non solo analista di processo,
- Non solo data person,
- Ma qualcuno capace di "parlare con l'AI" e con i reparti interni, e di trasformare i bisogni di business in prompt, workflow, prototipi rapidi.
Per molte PMI questo è il vero mismatch: non è tanto mancare di tecnologia, quanto mancare di persone che leghino tecnologia e realtà operativa.
6. Da "facciamo un bot" a "ripensiamo un processo"
Uno dei messaggi di fondo della puntata – e forse il più importante – è che l'AI ha senso solo se agganciata a un processo concreto.
Alcuni esempi di domande "giuste" da porsi:
Vendite
- Dove perdiamo tempo?
- Dove perdiamo lead?
- Quali passaggi sono ripetitivi e facilmente automatizzabili (es. qualificare lead, arricchire dati, preparare email personalizzate)?
Customer service
- Quali sono le 5 richieste più frequenti?
- Cosa possiamo automatizzare senza peggiorare l'esperienza cliente?
- Possiamo usare l'AI per suggerire risposte agli operatori umani, invece di sostituirli?
Operations / produzione
- Stiamo usando i dati di produzione per fare previsioni, simulazioni o solo per reportistica a consuntivo?
- Esistono colli di bottiglia che un modello predittivo potrebbe anticipare (guasti, ritardi, mancanza materiali)?
In tutti questi casi, la domanda non è:
"Quale modello AI usiamo?"
ma:
"Come ridisegniamo il processo sapendo che ora abbiamo a disposizione questi nuovi mattoncini (LLM, automazioni, analisi predittiva, ecc.)?"
7. Come iniziare in modo sano: un mini-framework per PMI
Riassumendo gli spunti dell'episodio e traducendoli in una guida pratica, un percorso sensato potrebbe essere:
1. Mappare 2–3 processi chiave
- Non tutto: scegli dove l'attrito è maggiore (vendite, supporto, logistica…).
- Disegna il "prima" e il "dopo" su carta, in modo brutale e onesto.
2. Fare inventario dei dati
- Dove sono oggi?
- In che formato?
- Chi li governa?
- Sono storici, completi, affidabili?
3. Definire un obiettivo misurabile
- Ridurre tempi, errori, costi, o aumentare vendite, conversioni, soddisfazione.
- Trasformare il "vogliamo fare AI" in "vogliamo ottenere questo risultato".
4. Fare un piccolo esperimento controllato
- Un pilota di 4–8 settimane, su un sottoinsieme di utenti o clienti.
- Con metriche prima/dopo chiare.
5. Decidere in base ai dati, non all'hype
- Ha funzionato?
- Sì → scala gradualmente.
- No → capisci se il problema è tecnico, di processo o culturale, e aggiusta.
In pratica, quello che emerge dal podcast è che l'AI è meno "rocket science" e più "artigianato organizzativo": piccoli passi, tanto confronto tra reparti, iterazioni continue.
8. Il lato umano: tra entusiasmo e responsabilità
Un'altra cosa che traspare dalla conversazione è il tono: né catastrofista né ingenuamente entusiasta.
Da un lato, l'AI è realmente una leva enorme per le PMI:
- Può compensare la mancanza di persone in alcuni ruoli,
- Può aprire nuovi servizi prima impensabili,
- Può migliorare la qualità del lavoro, togliendo pezzi noiosi.
Dall'altro lato, se viene usata male:
- Può generare aspettative irrealistiche ("facciamo di più con metà persone"),
- Può portare a ridurre i controlli su compliance, sicurezza e qualità dei dati,
- Può creare dipendenze pericolose da pochi fornitori o da soluzioni non governate.
Qui entra in gioco la responsabilità di chi guida questi progetti: CTO, CIO, consulenti, ma anche CEO e imprenditori che decidono dove investire tempo e budget.
9. Tre takeaway per chi guida una PMI
Se dovessimo distillare la puntata in tre messaggi chiave per un imprenditore, potrebbero essere questi:
1. Non chiederti "dove metto l'AI", chiediti "quale problema di business voglio risolvere"
La tecnologia viene dopo, non prima.
2. Prima i dati, poi i modelli
Se i dati sono sparsi, incompleti o non governati, l'AI sarà solo una lente d'ingrandimento sul caos.
3. Coinvolgi le persone giuste fin dall'inizio
I progetti che funzionano non sono quelli più "spettacolari", ma quelli dove business, IT e chi lavora sui processi ogni giorno si siedono allo stesso tavolo.
Conclusione
Questo podcast è una chiacchierata onesta, senza vendere nulla, tra persone che hanno visto sul campo cosa funziona e cosa no.
Se lavori in una PMI e ti stai chiedendo "come faccio ad entrare in questo mondo senza farmi male", questa puntata è un ottimo punto di partenza.
E se vuoi approfondire con noi come applicare questi principi nella tua azienda, parliamone.